Confidenze di una penna pubblicitaria
Come lavora l’area content di Mentarossa?
Ogni penna, ha il suo personale metodo, qui da noi siamo molto attenti a rispettare le sensibilità e le attitudini di ognuno, si sa che quando si ha a che fare con i creativi è sempre meglio andarci piano, potrebbero offendersi ed andare in burn out.
Oggi uno dei nostri più eclettici copywriter si confessa raccontando il suo personale processo creativo.
Quando si parla di ispirazione, alcuni inforcano con lentezza gli occhiali di tartaruga, poi si reggono il viso con due dita (mai più di tre o l’effetto cultura svanisce) e, con una enorme libreria d’ordinanza alle spalle, ti confidano che per loro è come un’illuminazione divina: il fascio di luce che squarcia le nubi, entra dalla finestra e colpisce John Belushi spedendolo in missione per conto di Dio.
Altri, invece, preferiscono non appartenere al gruppo di amici di Jep Gambardella e la inquadrano in una dimensione molto meno mistica e decisamente per nulla poetica, in cui risulta essere il freddo frutto di dati che vengono raccolti, analizzati e poi trasformati in idee.
Non ho una risposta oggettiva alla domanda “come si fa a trovare l’ispirazione?”, ma posso darti la mia risposta. Forse ti sarà utile, forse ti sarà totalmente inutile, ma almeno ti darà un’idea di come si lavora da queste parti.
L’unica vera regola che osservo ciecamente come un vero samurai della penna, è quella di non sedermi MAI al computer se non ho già in mente qualcosa. Fosse anche una sola parola o una sola immagine, ma se non ho nulla a cui aggrapparmi e su cui ricamare, sto lontano dal computer come Superman da un Chupa Chups alla kryptonite.
Bukowski, samurai alcolico del XX° secolo, diceva più o meno la stessa cosa, anche se decisamente meglio e con più lattine di birra attorno.
Fin qui tutto ok: mi siedo solo quando so più o meno cosa scrivere. I problemi veri iniziano quando c’è una scadenza che ti prende per l’orecchio e ti trascina dolcemente sulla tua poltroncina sussurrandoti delicatamente che il lavoro che ti hanno assegnato oggi va consegnato ieri. Di corsaaaaa! Ti assicuro che in questo caso il primo istinto è quello di far perdere le proprie tracce, inscenare un finto rapimento e riapparire solo dopo 12 anni con il lobo dell’orecchio mozzato per rendere il tutto più credibile. Ma poi la paura di finire in un programma di Barbara D’Urso ha il sopravvento e preferisco affrontare il foglio bianco. Il famigerato horror vacui.
Come si supera la paura del foglio bianco? Io la risolvo mixando le due definizioni con cui ho aperto questo articolo: illuminazione divina e freddo “mestiere”. In realtà di divino c’è ben poco, ma fa figo pensare ad una musa che ha pietà di te, disteso in lacrime davanti ad un foglio bianco, e che interrompe la sua seduta di massaggi per lanciarti un’idea da sviluppare dopo che le hai innalzato un altare sacrificando il criceto del tuo vicino.
Bisogna essere mentalmente pronti. Sempre. Almeno, è quello che cerco di fare io.
Leggere qualunque cosa è un ottimo inizio. Per “qualunque cosa” mi riferisco a tematiche, generi letterari, autori diversi e non a qualunque porcheria ti capiti sotto mano. La qualità è una discriminante fondamentale: scegli il libro che vuoi, la rivista che ti pare, ma che sia scritta da Dio. No, non la Bibbia! Non prendermi alla lettera.
Film e serie tv. Anche qui la dieta non prevede una soluzione ipocalorica: bisogna andarci giù pesante. Il precetto fondamentale per i libri va applicato anche qui: solo qualità. Non vuol dire spararsi tutta la filmografia di Bergman senza prendere fiato! I Simpson, ad esempio, almeno fino alla ventesima annata o giù di lì, sono uno shock creativo sempre fortissimo.
L’ingrassamento cerebrale, nel mio caso qui più con una funzione drenante che nutriente, si conclude con la musica: cerco di ascoltare e di scoprire almeno un nuovo album a settimana.
Se non vivi in una grotta – da dove sto scrivendo ora – e se non rifuggi gli esseri umani come me, l’osservazione – e la pratica, se proprio non puoi farne a meno – della vita reale è l’ultimo ingrediente per dotare il tuo cervello di un kit di sopravvivenza alla (paura della) mancanza di ispirazione.
“Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?” Joseph Conrad, uno di noi.
A cosa serve tutta questa roba, in pratica? Oltre ad essere attività piacevoli e costruttive (ovviamente non parlo della vita reale), ogni libro che leggi, ogni serie o film che guardi, ogni album che ascolti, viene infilato in una betoniera che gira continuamente. E tutto si mescola e rimescola senza però mai confondersi del tutto, contaminandosi senza perdere la propria essenza. Nel momento in cui mi siedo, non devo fare altro che aspettare che le idee escano da sole richiamate come per magia dal tema che devo trattare. E per idea intendo anche una semplice parola da cui nascerà tutta un’impalcatura creativa. Che poi sia valida o meno, non è quello che al momento ci interessa…
A volte, però, la betoniera sembra girare a vuoto. Capita. Inutile andare in un negozio di animali a comprare una rana allucinogena e leccarle il dorso: l’LSD come musa ispiratrice è un grande bluff smentito da Amanda Lear.
Io faccio come Fenig, lo scrittore vicino di casa di Bucky Wunderlick: mi alzo e faccio due passi e, te lo assicuro, l’idea originale* prima o poi arriva. A differenza di Fenig, io cammino all’aria aperta, cercando di raggiungere qualche oasi verde scappando dalle marmitte cittadine. Non c’è nessuna voce o luce che mi disarciona da cavallo sulla via di Damasco: è una figata prettamente scientifica e dimostrata da gente con tante cornici universitarie sui muri di casa.
Vuoi fare una prova? Mettiti seduto al computer e prova a scrivere qualcosa di creativo riguardante, non so, un ombrello, un gatto e due aquiloni. Poi fatti una passeggiata e pensa a questi elementi narrativi, torna a casa e prova a scrivere di nuovo. Vediamo se il tuo pensiero laterale si è sciolto camminando?
Se hai un modo curioso di scatenare la creatività, faccelo sapere. Qui siamo tutti molto curiosi!
Sì, anche la curiosità è molto utile alla creatività…
*Un’idea originale non significa che sia necessariamente una buona idea. Ma di questo magari se ne parlerà in un altro articolo.
Ps. Anche questo articolo è uscito dalla betoniera.